Frantoi Umbria

L’olio è il prodotto principe  della tradizione agroalimentare del Mediterraneo ed in particolare molto apprezzato quello prodotto nei Frantoi Umbria.

Frantoi Umbria

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Oleificio

Frantoi Umbria: Oleificio tradizionale

Il vecchio oleificio tradizionale era una costruzione generalmente sviluppata su tre livelli al fine di sfruttare la forza di gravità come motore della movimentazione del prodotto nel corso della lavorazione. I locali che componevano l’oleificio erano i seguenti:

Olivaio

Era adibito al ricevimento della materia prima e alla sosta prima della lavorazione.

In genere era dislocato in un livello superiore rispetto al frantoio in modo da consentire il carico della molazza facendo cadere le olive dall’alto.

Frantoio

Era il locale in cui si svolgevano le fasi fondamentali del processo (molitura ed estrazione): in esso si ubicavano la molazza e la pressa. La prima richiedeva una considerevole superficie in quanto era azionata dal moto circolare di animale (l’asino o il cavallo). La pressa consisteva in una piattaforma mobile in modo che la pila dei fiscoli venisse compressa spingendola dal basso contro una trave del soffitto.

Oliario

Era il locale in cui si stoccava l’olio per la chiarificazione (ottenuta per sedimentazione delle morchie) e per la conservazione. In genere era ubicato in un locale interrato o seminterrato.

Inferno

Era un locale separato, generalmente dislocato nel livello inferiore, in cui si ubicavano le vasche di stoccaggio dell’acqua di vegetazione, da cui era possibile recuperare, per decantazione, una frazione di olio di cattiva qualità.

Sansario

Era un altro locale in cui stoccavano le sanse in attesa di conferirle al sansificio.

L’oleificio era ubicato in genere all’interno dei centri abitati poiché lo smaltimento dell’acqua di vegetazione avveniva mediante riversamento nella rete fognaria urbana.

Nella terminologia comune, con il termine frantoio si identificava l’intero oleificio e il proprietario e gestore era detto frantoiano.

Frantoi Umbria: Oleificio moderno

L’adozione di impianti di movimentazione meccanica (palettizzazione e trasportatori a nastro) e idraulica, il minore ingombro spaziale delle macchine e l’evoluzione dei metodi di separazione, hanno modificato completamente la costruzione dei moderni oleifici. In generale è venuta meno l’esigenza della realizzazione di edifici sviluppati su più livelli in favore di un tipo più semplice e adeguato alla meccanizzazione e all’automazione.

Frantoi Umbria: I moderni oleifici sono pertanto sviluppati in un unico livello, al quale può eventualmente aggiungersi un livello interrato o seminterrato con funzioni di stoccaggio del prodotto trasformato.

I volumi costruttivi sono inferiori, soprattutto con l’adozione degli impianti a ciclo continuo o semicontinuo, mentre è richiesta una maggiore superficie nel settore di conferimento e sosta.

Frantoi Umbria: I piccoli oleifici che operano in conto terzi sono in genere composti da un unico locale in cui si svolge l’intero processo, con l’eventuale aggiunta di un piccolo ufficio e dei locali di servizio.

L’attuale oleificio pur assumendo caratteristiche costruttive, impiantistiche e organizzative completamente diverse da quelle di vecchio tipo, continua a essere chiamato impropriamente frantoio (o frantoio oleario) nel lessico comune e, talvolta, nei documenti ufficiali.

Frantoi Umbria: L’olio d’oliva è un olio alimentare estratto dalle olive, ovvero i frutti dell’ulivo (Olea europaea).

Il tipo vergine si ricava dalla spremitura meccanica delle olive.

Altri tipi merceologici di olio derivato dalle olive, ma con proprietà dietetiche e organolettiche differenti, si ottengono per rettificazione degli oli vergini e per estrazione con solvente dalla sansa di olive.

È caratterizzato da un elevato contenuto di grassi monoinsaturi.

Parametri

Frantoi Umbria: Molti parametri chimico-fisici definiti per classificare i diversi oli di oliva servono anche a limitare il rischio adulterazioni, particolarmente alto. Dalle norme europee oltre alla acidità e al tenore di cere sono indicati limiti nei seguenti parametri:

  • concentrazione 2-gliceril monopalmitato cioè digliceridi con l’acido palmitico in posizione 2
  • concentrazione di stigmastadiene negli oli di oliva non raffinati
  • concentrazione della somma degli isomeri transoleici
  • concentrazione della somma degli isomeri translinoleici e translinolenici
  • concentrazione degli steroli totali
  • concentrazione di eritrodiolo e uvaolo
  • concentrazione di esteri metilici di acidi grassi (FAME) e esteri etilici di acidi grassi (FAEE) Di questi, il limite è fissato solo per l’olio extra vergine di oliva.

Frantoi Umbria: Per il produttore è facoltativo indicare sull’etichetta della confezione il grado di acidità del prodotto; in tal caso è però obbligatorio per legge indicare anche il numero di perossidi, il tenore in cere e l’assorbimento all’ultravioletto.

Se un olio d’oliva è stato prodotto con almeno il 95% in peso di olive da agricoltura biologica (vedi regolamento CE n. 834/2007, che tra le altre cose vieta l’utilizzo di OGM o radiazioni ionizzanti) allora l’olio può essere definito olio d’oliva biologico.

In questo caso l’etichetta può comprendere la dicitura bio biologico e deve riportare:

  • chiaramente il logo di prodotto biologico,
  • i codici dell’organismo di controllo e dell’operatore,
  • l’indicazione dell’origine dell’olio utilizzando la terminologia specifica Agricoltura UEAgricoltura Non UE e Agricoltura UE/Non UE.

Olio di oliva “extra vergine”

La normativa europea (Regolamento CEE n. 2568/91 e successivi aggiornamenti) ha fissato gli standard qualitativi minimi che l’olio di oliva deve presentare per poter essere commercializzato con la dicitura “Olio Extra Vergine”.

Deve essere ottenuto tramite estrazione con soli metodi meccanici.

L’acidità di un olio extra vergine non deve mai superare lo 0,8%. Infatti l’acidità, cioè la concentrazione di acidi grassi liberi, è uno dei parametri fondamentali per valutare qualitativamente l’olio.

In Italia è stata creata una Carta di identità dell’olio extravergine di oliva.

Olio di sansa di oliva

La sansa di olive è ciò che resta dopo l’estrazione dell’olio e da essa è possibile estrarre ancora olio residuo: infatti la sansa, a seconda del tipo di frantoio, contiene dal 3% al 6% di olio.

La sansa proveniente da frantoi tradizionali (con presse) contiene circa il 6% di olio mentre la sansa da frantoi moderni, i cosiddetti frantoi “continui”, ne contiene circa il 3%.

Questo olio, detto olio di sansa grezzo, viene estratto industrialmente nei “sansifici” per mezzo di solventi chimici e non è commestibile: attraverso un trattamento di raffinazione si ricava l'”olio di sansa d’oliva raffinato”, che ancora non è commestibile.

Solo dopo l’aggiunta di una percentuale non meglio specificata di olio di oliva vergine esso diviene commestibile ed è denominato “olio di sansa di oliva”.

Questo prodotto è l’unico olio derivante dalle olive a subire il processo di estrazione con solventi ed è quindi l’unico olio derivante dalle olive che può essere paragonato alla gran parte degli oli di semi che si trovano in commercio.

Difatti la gran parte degli oli di semi in commercio viene estratto utilizzando lo stesso processo.

Tuttavia l’olio di sansa di oliva mantiene invariata la composizione in acidi grassi rispetto all’olio d’oliva, cioè con un alto tenore di MUFA (mono unsatured fatty acid) con percentuali del 60-85%.

Composizione

In tutti gli oli vegetali la composizione può variare in funzione della cultivar, delle condizioni ambientali, della raccolta e della lavorazione. L’olio di oliva è composto prevalentemente da trigliceridi, con concentrazioni intorno al 98-99%, che costituiscono la cosiddetta “frazione saponificabile“.

Gli acidi grassi di cui sono composti questi trigliceridi hanno una distribuzione che nello standard definito dalla UE non cambia tra i diversi tipi di olio.

Inoltre l’UE consente una variazione molto ampia nel rapporto tra i principali acidi grassi; ad esempio il rapporto tra acido oleico e acido linoleico può andare da un minimo del 2,62% ad un massimo del 33,2%.

La frazione cosiddetta “insaponificabile”, sebbene abbia una concentrazione molto bassa rispetto alla frazione saponificabile, è costituita da molte sostanze che influiscono enormemente sulle proprietà bionutrizionali dell’olio di oliva, tra cui figurano ad esempio i carotenoidi, le clorofille, gli steroli e i tocoferoli.

Frantoi Umbria: Standard qualitativi

Contrariamente ad altri oli alimentari, per l’olio d’oliva nei Frantoi Umbria non esiste uno standard internazionale globalmente riconosciuto.

Lo stesso Codex Alimentarius ha redatto specifiche che rispecchiano in gran parte quelle redatte dall’IOC (ex IOOC) l’International Olive Oil Council.

Ma con alcune differenze nella classificazione dei diversi oli di oliva, nella definizione della composizione standard oltre che nelle procedure di test.

Alcuni paesi (USA, CINA, Australia, Sud Africa) hanno adottato standard nazionali leggermente divergenti dallo standard Codex o IOC.

Frantoi Umbria: La stessa Unione europea nella classificazione degli oli non ha adottato tutte le indicazioni dello standard IOC su cui peraltro si basa.

Mancando un’armonizzazione internazionale degli standard di qualità dell’olio d’oliva sono presenti specifiche nazionali spesso influenzate dalla qualità delle produzioni locali; ad esempio gli standard australiano e sudafricano consentono un tenore di acido α-linolenico più alto di quello europeo.

Inoltre i vari standard nazionali e sovranazionali sono in continuo aggiornamento per contrastare le nuove tecniche di adulterazione o contraffazione degli oli d’oliva di maggior valore, come gli oli extravergini DOP o biologici.

Frantoi Umbria: All’interno di uno standard sovranazionale, come quello definito dalla Unione europea, possono essere introdotti disciplinari ancor più selettivi e specifici.

I disciplinari di produzione per i marchi di Denominazione di Origine Protetta (DOP) prevedono spesso l’utilizzo di tecniche tradizionali e norme restrittive e severe.

L’intento è di garantire un prodotto di qualità superiore e tradizionale con particolare riferimento alle varietà usate, che devono essere autoctone.

Le proprietà dell’olio d’oliva, meglio se extra vergine, si degradano facilmente se non viene conservato al riparo da luce e calore, meglio se all’interno di contenitori non trasparenti, di colore scuro.

Frantoi Umbria: produzione

Le olive sono tradizionalmente raccolte su reti, in alcune regioni battendo i rami con bastoni flessibili, in modo da provocare il distacco dei frutti, oppure in altre, attendendo la completa maturazione e quindi la loro caduta naturale dalla pianta.

In Italia si raccoglie nel periodo che va da metà ottobre a fine dicembre.

Una tecnica più moderna prevede l’utilizzo di abbacchiatori meccanici che scuotono i rami e provocano la caduta delle olive su una rete predisposta a terra che permette poi di raccoglierle più rapidamente e con minore fatica.

La raccolta a mano, con pettini e sacche a tracolla su lunghe scale a pioli di legno, è ancora praticata in molte zone d’Italia.

Questa tecnica è sicuramente la più dispendiosa e lunga, ma dà la possibilità di scegliere i frutti, consentendo di raccogliere frutti integri e al giusto grado di maturazione.

È ancora preferibile per le olive da conserva, ma rappresenta il primo degli elementi fondamentali per ottenere un olio extra vergine di oliva fragrante e privo di odori sgradevoli.

Esistono metodi di raccolta interamente meccanizzata tramite macchine scuotitrici con intercettatori delle olive a ombrello.

Modernamente, in impianti di oliveto coltivati allo scopo (superintensivi) si raccoglie anche con macchine scuotitrici adatte anche alla raccolta meccanica dell’uva (vendemmiatrici).

Non meno importante al fine di ottenere un olio vergine esente da difetti è il metodo di stoccaggio delle olive.

L’ideale è che le olive siano raccolte in bin di plastica e in sacchi e che siano conservate lontano da fonti di calore e molite nel giro di 24-48 ore dalla raccolta. Questo garantisce che le olive non fermentino in modo anaerobico dando origine alla formazione di “alcoli alifatici” che produrrebbero nell’olio difetti quali “riscaldo” e, in casi estremi, muffa.

La produzione dell’olio di oliva di maggiore importanza si basa su processi di estrazione esclusivamente meccanici.

In questo modo si distinguono merceologicamente gli oli “vergini” da quelli ottenuti mediante processi basati su metodi fisici e chimici (oli di semi, oli di oliva rettificati e raffinati, oli di sansa).

Esistono due tecniche di estrazione più utilizzate: quella classica, per pressione, e quella moderna, per centrifugazione.

Altre tecniche prevedono l’impiego di metodi fisici e chimici a cui deve seguire un processo di raffinazione per rendere l’olio così prodotto commestibile; tuttavia, le norme e gli standard di qualità stabiliscono che un olio di oliva possa essere definito “vergine” solo se per la sua produzione sono stati impiegati esclusivamente metodi meccanici di pressione o centrifugazione.

Pertanto l’olio ottenuto con il ricorso a metodi chimici e fisico-chimici è identificato con tipi merceologici differenti e distinti dal “vergine”.

Le linee di lavorazione nell’estrazione meccanica differiscono per i metodi usati nelle singole fasi; esistono pertanto tipi di impianto differenti.

Oltre che per le caratteristiche tecniche, gli impianti differiscono in modo marcato per la capacità di lavoro, il livello di meccanizzazione, l’organizzazione del lavoro, la resa qualitativa e quantitativa, i costi di produzione.

In generale la linea di produzione di un oleificio comprende cinque fasi fondamentali:

  • operazioni preliminari;
  • molitura;
  • estrazione del mosto d’olio;
  • separazione dell’olio dall’acqua;
  • stoccaggio, chiarificazione e imbottigliamento.

Per la molitura (o frangitura) delle olive possono essere utilizzati diversi sistemi come, ad esempio:

  • molazze o macine;
  • frangitori a martelli;
  • frangitori a dischi dentati;
  • frangitori a coltelli.

Anche nella fase di separazione dell’olio dall’acqua possono essere utilizzati sistemi diversi, come ad esempio:

  • sistema a pressione;
  • sinolea (percolamento);
  • separazione centrifugo decanter.

In linea generale la resa delle olive può avere notevoli variazioni, da un minimo circa di 8–9 kg di olio extra vergine per 100 kg di olive pressate fino a un massimo di 22–28 kg di olio extra vergine per 100 kg di olive.

Le variazioni sono imputabili a diversi fattori: l’esposizione degli olivi al sole, la disponibilità idrica nel periodo vegetativo e nel corso dell’accrescimento delle olive, l’epoca della raccolta.

La coltivazione dell’ulivo e la produzione di olio d’oliva sono diffuse in massima parte nell’area del Mediterraneo. L’Unione europea nel suo complesso occupa l’80% della produzione mondiale di olio di oliva. I maggiori produttori europei sono SpagnaItaliaGrecia e Portogallo, con quote minoritarie della Francia. In questi paesi l’olivicoltura ha una grande importanza non solo per l’economia rurale, ma anche per il patrimonio culturale e ambientale, se si considera che nel settore lavorano circa 2,5 milioni di produttori, circa un terzo degli agricoltori dell’Unione europea,  e che in talune regioni di Italia, Spagna e Grecia l’olivicoltura è di gran lunga la principale attività agricola, sia in termini di occupati sia in termini di percentuale di superficie coltivata.

Al di fuori dell’Unione europea i maggiori produttori si affacciano anch’essi sul Mediterraneo e sono TunisiaTurchiaSiria e Marocco. Quote minoritarie vengono prodotte nel continente americano, in Australia e Giappone.

Tuttavia, per questioni legate a tradizionali e consolidate abitudini alimentari, si verifica che in talune aree geografiche, come il Nord Europa o il Nord America, si continuano a preferire altri tipi di oli e grassi (oli di semi, grassi animali eccetera), mentre l’olio d’oliva continua a essere particolarmente apprezzato negli stessi paesi che hanno un’antica tradizione olivicola.

Ne consegue che il mercato dell’olio d’oliva è piuttosto anelastico, poiché gran parte del mercato mondiale del prodotto è costituito dagli stessi paesi produttori.

A livello mondiale, il mercato di tutti gli oli d’oliva rappresenta solo il 4% di tutti gli oli e grassi per uso alimentare. Tuttavia la domanda dell’olio d’oliva a livello mondiale, grazie alle qualità nutrizionali degli oli d’oliva e all’abbinamento alla dieta mediterranea, molto apprezzata per la sua semplicità e per gli aspetti salutistici, è in continua crescita con incrementi dal 3 al 5% all’anno.

Dopo la Spagna, l’Italia è il secondo produttore di olio d’oliva in Europa e nel mondo, con una produzione nazionale media di oltre 464 000 tonnellate, due terzi dei quali extra vergine. Inoltre l’Italia possiede 41 denominazioni DOP e un’IGP riconosciute dall’Unione europea.

In Italia l’ulivo è diffuso su circa un milione di ettari in coltura principale e su una superficie di poco inferiore in coltura secondaria, consociata con seminativi o con altre specie arboree (vite, agrumi, mandorlo eccetera).

Per quanto attiene alle zone altimetriche, l’olivo è diffuso per il 2% in montagna, il 53% in collina e per il 44% in pianura.

Per le caratteristiche stesse della pianta, che ha bisogno di un clima mite e senza troppi sbalzi termici, la coltivazione dell’olivo in Italia è molto diffusa nelle regioni del Centro (19%) e del Sud (77,9%).

Al Nord la produzione è più limitata (2%), ma in aumento, concentrandosi particolarmente in alcune zone a microclima più temperato, come per esempio la Liguria e le zone collinari attorno al Lago di Garda.

Le piante in produzione sono circa 170 milioni e le aziende agricole che si occupano di olivicoltura sono più di un milione, pertanto le superfici medie coltivate sono dell’ordine di un ettaro circa, a testimonianza dell’estrema frammentazione fondiaria.

Un’inchiesta del New York Times del 2014 mostra come una considerevole quantità di olio di oliva venduto come “italiano” sia d’importazione straniera (principalmente da Spagna, Tunisia e Marocco), o venga adulterato da olio di soia o di semi raffinati importati.

Vengono poi rivenduti sul mercato, estero e italiano, come oli “made in Italy” o imbottigliati in Italia, con considerevoli rincari da parte degli importatori e dei distributori.

L’olio d’oliva è utilizzato soprattutto in cucina, principalmente nelle varietà extra vergine e vergine, per condire insalate, insaporire vari alimenti, conservare verdure in barattolo.

Inoltre, grazie al suo punto di fumo di 210 °C, superiore alla temperatura ideale per le fritture (180 °C), l’olio d’oliva si presta ad essere utilizzato come olio per friggere ad alta temperatura e per lungo tempo.

A differenza di altri olii di semi e del burro non chiarificato che alle stesse temperature rilasciano sostanze tossiche.

L’uso di olio d’oliva per le fritture domestiche è consigliato anche per la ricchezza di acidi grassi monoinsaturi.

È uno dei principali componenti della dieta mediterranea, in sostituzione degli alimenti contenenti grassi saturi di origine animale.

L’aroma dell’olio può variare molto a seconda delle varietà di olive da cui è prodotto, luogo di produzione, grado di maturazione, modalità di raccolta del frutto eccetera.

Questo olio è anche usato in cosmetica e per la produzione del sapone. Un tempo si usava come farmaco e come combustibile per le lampade a olio.