Cantine vinicole Umbria

Le cantine vinicole Umbria sono  rinomate per la produzione di vino di alta qualità. La regione ha una lunga tradizione vinicola e offre una varietà di vini pregiati.

Cantine vinicole Umbria

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Cantine vinicole Umbria: i magnifici 13

I 13 vini umbri. I “magnifici tredici” sono i vini che, per il particolare pregio, sono contraddistinti dalle denominazioni DOCG e DOC.

Al vertice della piramide della qualità enologica umbra si trovano due rossi.

II Torgiano Rosso Riserva DOCG è il fiore all’occhiello della pregiata produzione di questo antico centro della valle del Tevere.

Qui c’è  il Museo del Vino documenta con suggestiva molteplicità di temi la grande civiltà del vino in Umbria.

Nel mese di novembre, la manifestazione Banco d’Assaggio dei Vini d’Italia è un appuntamento prestigioso a livello internazionale.

Sui colli della Valle Umbra è coltivato il prezioso vitigno Sagrantino che dà origine alla DOCG Sagrantino di Montefalco.

E’ un vino tradizionalmente passito ma oggi conosciuto nel mondo.

Nella versione secca infatti deve invecchiare almeno due anni e mezzo in botti di legno per assumere il tipico odore delle more di rovo e il colore rubino intenso tendente al granato.

Alla Valle Umbra spetta un altro eccellente vino, l’Assisi DOC, denominazione che comprende anche Spello, mentre le terre a sud del capoluogo danno i rinomati Colli Perugini.

Sono apprezzate dall’antichità le vigne da cui si ricavano i vini DOC dei Colli Altotiberini e dei Colli del Trasimeno.

Nella gamma dei DOC dei Colli Amerini, oltre ai tradizionali bianco, rosso e rosato, si aggiungono la vellutata Malvasia e il Novello.

Nei Colli Martani trionfa il Grechetto.

Ha fatto da protagonista nella storia dell’Umbria l’Orvieto, il vino preferito alle corti dei papi e pregustato da artisti e operai del cantiere del Duomo.

E’ contemplato, infatti,  nei loro contratti di lavoro (Luca Signorelli ne pattuì mille litri all’anno).

Si racconta che Garibaldi volle un Orvieto per brindare con i suoi Mille, analogamente a Enrico Fermi quando scoprì il nucleare.

Questo vino, che gli Etruschi facevano fermentare nelle grotte scavate nel tufo, è tra i più rinomati nel mondo.

Esso  copre una quota importante della produzione regionale con le versioni secco e abboccato, cui si aggiunge il particolare ed elegante “muffa nobile” da invecchiamento.

fonte: www.umbriaturismo.net

Cantine vinicole Umbria: elenco dei vini

Cantine vinicole Umbria: come organizzare una cantina

Il processo di produzione del vino

Il processo produttivo del vino richiede diverse fasi e diversi ambienti in cui queste fasi si svolgono.

Ecco qui descritti i vari passaggi, che comunemente (da una tipologia di vino all’altra possono variare), sono necessari per la produzione del vino:

  • Arrivo delle uve in cantina dopo la raccolta;
  • Diraspatura e pigiatura;
  • Vinificazione e Fermentazione;
  • Rifermentazione (per esempio per le bollicine);
  • Imbottigliamento;
  • Affinamento/invecchiamento;
  • Conservazione/stoccaggio delle bottiglie

Gli ambienti vanno dimensionati in base alla strumentazione e ai macchinari richiesti – in base alla tipologia di vino prodotto troveremo strumenti più o meno diversi – e in base alla quantità di vino prodotto e di personale impiegato. L’arrivo delle uve in cantina, che da inizio al processo di produzione, porta ad immaginare uno spazio “comodo” dove poter diraspare (togliere la parte legnosa del grappolo) e pigiare le uve. Comodo nel senso di facilmente collegabile alle cisterne di fermentazione. Motivo per cui le aree in cui arrivano le uve, soprattutto nelle cantine di recente costruzione, si trovano ad una quota superiore rispetto alle cisterne di fermentazione. Per due ragioni: la prima, è per sfruttare la forza di gravità e convogliare più facilmente le uve in cisterna; la seconda è per non far fare alle uve eccessivi movimenti e/o percorsi in tubazioni articolate, preservandone la qualità.

Il processo di vinificazione necessita di ambienti chiusi che facilitino il controllo della temperatura ed il tasso di umidità, favorendo così la fermentazione del vino.

Per questo motivo vengono utilizzati grandi contenitori in acciaio, spesso integrati da un sistema di controllo della temperatura a bordo, per poter gestire il processo in maniera molto precisa, anche perché ricordiamoci che la fermentazione alcolica sviluppa calore. Le zone di vinificazione possono anche essere in una zona illuminata, meglio con una temperatura controllata o agevolata da un posizionamento ai piani inferiori, ma è fondamentale che sia un’area con un ricambio d’aria costante e facilmente pulibile.

Una volta terminata la fermentazione dei vini, il lavaggio dell’area è fondamentale per preservare la salubrità dell’ambiente, e questo è il motivo per il quale troviamo sempre delle feritoie longilinee in acciaio a pavimento, per raccogliere e portare via facilmente l’ingente quantità di acqua che viene utilizzata durante i lavaggi.

Nel progettare una cantina vinicola, uno degli aspetti molto importanti da curare è lo spazio dedicato all’affinamento dei vini dove si ottiene una perfetta maturazione ed evoluzione dei vini.

Se l’invecchiamento e l’affinamento avvengono in botti in legno, a causa delle permeabilità del contenitore, si viene ad instaurare uno scambio continuo tra il vino contenuto e l’ambiente esterno.

Diviene pertanto necessario garantire:

  • Temperatura dell’aria per vini rossi 12-14°C;
  • Temperatura dell’aria per vini bianchi 10-11°C;
  • Ricambio dell’aria costante;
  • Tasso di umidità relativa 80/85 %;
  • Illuminamento medio non superiore ai 250-300 lux;
  • Evitare assolutamente vibrazioni e odori sgradevoli intensi.

Le condizioni climatiche interne sono fondamentali per il controllo del processo di affinamento; il locale in cui viene effettuato l’imbottigliamento invece deve essere adiacente al locale di conservazione e da questo completamente separato. Solitamente, il vino una volta imbottigliato passa ancora un periodo di affinamento in bottiglia che può variare di molto a seconda della tipologia e della filosofia aziendale, ritornando quindi nelle gallerie di affinamento sottoterra (infernot).

Le zone di affinamento del vino sono fondamentali, soprattutto nel caso in cui la cantina faccia un importante lavoro di mantenimento delle vecchie annate.

L’azienda Sordo dispone di gallerie scavate nel terreno a diversi metri sotto terra dove i loro baroli si affinano per decenni. Le condizioni di scarsità di luce, umidità molto elevata e temperatura costante sono elementi fondamentali in questo processo. L’umidità elevata permette ai tappi di sughero di non seccare la loro superficie a contatto con l’esterno, facendo sì che sia garantita l’impermeabilità all’aria. La cera lacca in questi casi diventa ancora più fondamentale per tenere completamente sigillato il vino al suo interno.

Immaginate un paesaggio collinare, stradine, colline, vigneti e qualche piccola casetta qua è là. Per costruire una cantina è necessaria una riflessione sul luogo in cui andremo a costruirla. Come Architetti abbiamo il compito di pensare all’integrazione dello spazio circostante nell’architettura della cantina, e soprattutto quando si tratta di garantire una vista panoramica sensazionale sul territorio.

In questo periodo soprattutto, la possibilità di avere grandi spazi per gestire il flusso di gente in cantina è fondamentale per garantire la sicurezza di tutti.

Focus: viticoltura

La viticoltura rappresenta l’insieme delle tecniche agronomiche che prevedono la coltivazione delle viti (da tavola e da vino), potendosi dunque considerare come una branca dell’arboricoltura.

L’attività di viticoltura va dall’epoca di messa a dimora delle barbatelle innestate fino all’epoca dell’espianto. Le barbatelle sono piccole viti innestate su portainnesti americani. I portainnesti americani sono infatti resistenti alla fillossera (insetto appartenente all’ordine dei Rincoti) contrariamente alle viti europee. In questo arco di tempo piuttosto lungo (mediamente un vigneto può vivere fino a 20-30 anni) sono necessari svariati interventi.

Si rende necessaria specialmente in terreni collinari. La sistemazione dei vigneti con forti pendenze ha come obiettivo la riduzione delle ore necessarie alle pratiche colturali che sono molto gravose potendo arrivare ad impiegare il triplo o il quadruplo del tempo rispetto alla pianura (fino a 2000 ore per ettaro). Bisogna dire che sono però i terreni migliori dal punto di vista del vino prodotto. I vini prodotti in collina hanno potenzialità qualitative superiori in confronto a quelli prodotti in pianura. Fin dai tempi dei romani la vite viene coltivata sulle colline e la filosofia tradizionale del vigneto collinare prevede fondamentalmente due tipologie: secondo le linee di massima pendenza (rittochino) o perpendicolarmente (girapoggio) ad esse.

Esistono inoltre soluzioni intermedie come il cavalcapoggio in cui il filare segue una direzione (tipo est – ovest) risultando sia a rittochino che a girapoggio, si tratta di situazioni marginali.

La prima (rittochino) non ostacola l’erosione ma consente un buon livello di meccanizzazione. La seconda invece si oppone con forza al ruscellamento e quindi all’erosione ma è difficilmente meccanizzabile. Le soluzioni moderne prevedono la sistemazione dei nuovi terreni collinari secondo due forme razionali:

  • Terrazzamenti di medie dimensioni

Si preparano ricostruendo sia le piccole terrazze che le murate di sostegno con cemento armato. Sulle terrazze così formate si sistemano a rittochino i filari. In questo caso è possibile meccanizzare alcune operazioni colturali con trazione funicolare e cannoni irroratori. Non è possibile accedere alla terrazza con un trattore.
  • Ciglioni

Si sistemano i ciglioni (zona del terreno al margine di una scarpata) a giropoggio con filare sull’esterno del ciglione, la scarpata di sostegno viene inerbita. All’interno (verso il lato monte), il ciglione sostiene un filare in piano su cui può circolare un trattore per gli interventi al verde. A seconda della pendenza i ciglioni possono essere larghi (due o più filari) se la pendenza è lieve o stretti (un unico filare) se la pendenza è eccessiva e/o la roccia è superficiale.

L’impianto d’autunno è da preferire in zone calde soprattutto quando vi è una piovosità prevalentemente invernale piuttosto di quella estate. In questo modo le piantine radicano già durante l’inverno e sopporteranno meglio la siccità estiva. In zone più fredde dove c’è il rischio di inverni molto asciutti è meglio procedere all’impianto in primavera.

Va ricordato che prima dell’impianto è utile conoscere a fondo l’ambiente colturale ed il terreno (analizzandolo) per scegliere al meglio le varietà adatte ad un ambiente piuttosto che ad un altro.

Per il tracciamento dei sesti d’impianto è importante decidere le distanze a cui porre le piante poiché una volta cresciute è molto difficile modificarle, tenendo sempre ben presente il tipo di forma d’allevamento scelta ed inoltre la possibilità di meccanizzazione (oggi fondamentale).

Palatura: i pali ovviamente devono essere messi in verticale con la massima precisione, per questo oggi si usano macchine che li piantano con altissima precisione.

Importantissimi inoltre sono i pali di testata che devono avere una certa inclinazione e delle ancore ad almeno 1 m sotto terra.

È necessario decidere che forma di allevamento scegliere tra quelle in volume (tridimensionali), ovvero ad alberello; a controspalliera (bidimensionali), ovvero a tralcio rinnovato fra cui: guyot, capovolto, archetto o a cordone permanente (speronato, sylvoz o casarsa, cordone verticale); a tetto (parallelo al terreno) come pergolatendone, raggi (belussi), spalliere-pergole; doppie cortine (G.D.C., duplex), cortina semplice (cordone libero).

La potatura di allevamento assicura un rapido sviluppo della struttura scheletrica e radicale della vite ed una rapida messa a frutto. Questa fase può durare dai 2 ai 3 anni. La potatura di produzione ha lo scopo anche di mantenere le piante “pulite” e nella forma di allevamento stabilita, ma soprattutto di massimizzare la produzione di uva, eliminando i rami che portano meno frutti, garantendo un adeguato carico gemmario limitando la vigoria: lasciare solo i rami “essenziali” fa sì che la pianta concentri tutta la sua energia nei grappoli d’uva anziché distribuirla in molti rami e foglie.

Per individuare quali sono i rami fruttiferi occorre dividere i rami in categorie, a seconda della loro distanza dalla radice:

  • categoria zero: è il fusto principale della pianta, a partire dalla radice, e comprende i rami legnosi, di colore marrone e con superficie ruvida;
  • rami del primo anno: sono quelli che partono dai rami di categoria zero, sono flessibili e di colore verde;
  • rami del secondo anno: partono dai rami del primo anno;
  • rami del terzo anno: partono dai rami del secondo anno;

e così via.

Come si può intuire dal nome dato alle categorie di rami, la nascita di nuovi rami avviene una volta all’anno, in primavera.

Si è verificato sperimentalmente che l’uva migliore e più abbondante cresce dai rami del secondo anno, conseguentemente si tende a lasciare solo rami del secondo anno e quelli del primo anno, i quali servono per avere da questi ultimi, l’anno successivo, dei rami del secondo anno che produrranno uva.

Il numero dei rami che si lascia dipende dalle usanze della zona: da un minimo di un solo ramo del primo anno e un solo ramo del secondo anno (ed è questo il metodo più diffuso) fino a tre rami del primo anno e a tre rami del secondo anno.

Il periodo più adatto alla potatura è all’inizio della primavera, quando sono già nati i rami dell’anno in corso ma non si vedono ancora i nuovi grappoli. Le viti “piangono” a causa della potatura (ma in certi casi anche a causa di maltrattamento). Secondo un’osservazione empirica, i tralci che piangono di più portano più frutto.

Poco prima della vendemmia in talune zone si usa sfoltire ancora la vite, togliendo un po’ di tralci e foglie, sia per far prendere ancora un po’ di sole all’uva sia per facilitare il lavoro dei vendemmiatori.

Anche la concimazione della vite ricopre una notevole importanza se si vuole ottenere dei prodotti di qualità. Si parte già prima della messa a dimora delle barbatelle con una concimazione di fondo effettuata con del letame maturo per una quantità di circa 500 q/ha.

Nel corso degli anni dov’è necessario è utile effettuare due tipi di concimazione: una autunnale con letame maturo e l’altra nella primavera successiva con concimi complessi a base di azoto fosforo potassio.

Qualora nel corso della stagione le nostre viti manifestino segni di carenze nutrizionali è bene ricordare che esistono anche dei concimi fogliari che possono aiutarci a superare le carenze ma attenzione questi concimi non risolvono il problema della mancanza di elementi ed è quindi opportuno eseguire le concimazioni che sopra abbiamo consigliato. Una concimazione eseguita correttamente porta notevoli miglioramenti nel nostro vigneto, ma una concimazione fatta in modo scorretto è molto dannosa e si ripercuoterà in negativo anche sulla produzione.

L’irrigazione dei vigneti è una pratica agronomica utilizzata soprattutto nelle zone viticole caldo-aride.

Essa si rende necessaria in tutti i terreni con scarsa capacità idrica e nel caso in cui le precipitazioni annue siano notevolmente inferiori alle esigenze idriche dei vigneti ossia ai 500 mm di pioggia. La viticoltura ha iniziato ad utilizzare questa tecnica colturale solo nei tempi recenti grazie al progresso tecnologico che ha consentito di trovare risorse idriche notevoli necessarie per le nuove forme di allevamento. Nell’antichità, infatti, la vite si è diffusa prevalentemente in aree sprovviste di acqua come il bacino del Mediterraneo.

Questo è dovuto al fatto che la vite era coltivata a piede franco, poiché la Vitis Vinifera risulta più resistente alla siccità rispetto alle specie americane utilizzate odiernamente come portinnesti, inoltre le forme di allevamento erano più piccole e quindi più resistenti agli stress idrici.

La quantità d’acqua di cui le radici possono disporre è direttamente influenzata dalle:

  • Caratteristiche del terreno: tessitura, struttura, profondità, composizione chimica, aereazione, pH e altezza della falda freatica;
  • Caratteristiche del clima: precipitazioni, luminosità, temperatura, umidità atmosferica.

L’irrigazione ha un impatto sulla quantità e sulla qualità della produzione viticola, infatti, di norma, questa pratica agronomica comporta un incremento di produzione peggiorando la qualità, ma nelle zone caldo-aride essa conduce a miglioramenti qualitativi, quando la produzione per ceppo è comunque contenuta entro dei limiti.

Per tutelare la qualità delle produzioni vitivinicole, la Comunità Economica Europea ha stabilito che l’irrigazione è ammessa solo laddove i paesi membri lo consentono. In alcuni disciplinari italiani delle denominazioni di origine è prevista la possibilità di effettuare l’irrigazione di soccorso, che dovrebbe escludere l’irrigazione nel periodo compreso tra l’invaiatura e la maturazione.

È quindi possibile effettuare questa pratica agronomica nel periodo che va dall’allegagione all’invaiatura, con lo scopo di incrementare il tasso di umidità del terreno oltre al coefficiente di appassimento della pianta.

L’irrigazione è indispensabile e deve essere ripetuta più volte durante la stagione vegetativa nei terreni aridi, mentre nei terreni in cui il disseccamento inizia molto dopo la fioritura, l’irrigazione non è necessaria, ma se eseguita, riduce il contenuto di zuccheri presenti nelle bacche aumentando inoltre la produzione e il vigore. Inoltre l’irrigazione è indispensabile nei terreni salini.

Uno dei metodi più utilizzati per determinare il momento irriguo è quello basato sulla percentuale di umidità del terreno, un dato che si può misurare e registrare continuamente e a diverse profondità attraverso delle sonde. Il controllo dell’umidità del suolo, per verificare se il terreno è in stato disidratato, di stress, oppure ottimale, deve essere verificato tra i 35 e 70 cm di profondità.

Lo stressa idrico si può verificare:

  • Nel terreno argilloso tra il 29 e 30%
  • Nel terreno argillo-limoso tra il 15 e il 20%
  • Nel terreno medio impasto tra il 17 e 22%
  • Nel terreno limo-sabbioso tra i 8 e 12%
  • nel terreno sabbioso tra i 2 e 4%

In viticoltura la scelta del metodo irriguo avviene in funzione di fattori economico-sociali, orografici, di sistemi di allevamento, di sesti di impianto e del ciclo biologico della coltura.

Il metodo di irrigazione più utilizzato in viticoltura è quello a pioggia o ad aspersione, in quanto si può utilizzare su diversi terreni a condizione che si scelga l’irrigatore più adatto.

Un altro metodo di irrigazione è quello per infiltrazione localizzata a goccia che mantiene nel terreno un livello costante di umidità durante il periodo vegetativo, fattore favorevole alla qualità del vino.

La vite presenta avversità parassitarie e non.
Fra le “non parassitarie” sono da citare: la “grandine“, le “basse temperature invernali”, la “brina” primaverile e le carenze nutrizionali.
Fra le carenze nutrizionali assumono particolare rilievo quelle relative al Boro, al Ferro, al Magnesio, al Manganese ed allo Zolfo
Si elencano di seguito le principali avversità parassitarie:

Cantine vinicole Umbria
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